domenica 4 dicembre 2016

Barbiana non si arrese



Da Michele Gesualdi – Presidente della Fondazione don Lorenzo Milani
Calenzano, 04.10.2016 (San Francesco)

Caro Maurizio, cari amici,
                       mi dispiace moltissimo non poter intervenire ala tua e vostra iniziativa ma purtroppo le mie condizioni di salute non me lo permettono. Credimi, essere costretto a restar fuori dalla vita e dalle battaglie civili e sociali mi fa soffrire molto, ma vuole così il nostro “Padrone”che dirige dall’alto.
La fondazione Don Lorenzo Milani vi è comunque vicino, ha aderito con convinzione e potete spendere il suo nome per questa bella iniziativa.

 Don Lorenzo sul dramma delle guerre è stato un sacerdote e un educatore che con i suoi scritti ha lasciato il segno. A lui si deve il riconoscimento per legge dell’obiezione ci coscienza , dando un contributo determinante col dibattito che si aprì a seguito della “Lettera ai cappellani militari”. Scritto col quale dava una lettura del tutto inedita di un secolo di storia italiana,ma soprattutto ha indicato alle nuove generazioni la forza della ribellione ubbidendo alla coscienza individuale per combattere  il male e le leggi quando sono ingiuste pagando di persona per cambiarle, ovvero la educazione alla legalità e il senso di responsabilità  fondato sul primato della coscienza.

Una conversione integrale


Al termine dell’anno giubilare della misericordia abbiamo sentito l’urgenza di inviare a papa Francesco un segno di quel cammino interiore che siamo stati chiamati a compiere per purificare la nostra mente e il cuore superando le paure e i compromessi.
Come Movimento dei Focolari in Italia abbiamo inviato una lettera al papa in risposta al suo invito a prendere sul serio il no alla guerra, a partire dalla radice dell’economia che uccide perché invece di agire per ridurre le inaccettabili diseguaglianze, causa di tutti i mali sociali, fabbrica le armi da destinare ai Paesi attraversati da orribili conflitti.

Non possiamo restare indifferenti e accettare l’atteggiamento di chi dice «a me che importa?», come ha detto papa Francesco quando, il 13 settembre del 2014, si è recato al cimitero dei caduti della Grande Guerra a Redipuglia e ha affermato, davanti alle tombe di tanti giovani mandati al macello un secolo addietro, che «anche oggi dietro le quinte ci sono interessi, piani geopolitici, avidità di denaro e di potere, c’è l’industria delle armi, che sembra essere tanto importante!».

Nel marzo del 2016, dopo un incontro nelle aule parlamentari, abbiamo affermato che non potevamo accettare il fatto che dal nostro Paese partissero delle bombe destinate al terribile conflitto in corso nello Yemen. Concordiamo con le associazioni aderenti a Rete Disarmo che, di fronte a troppi silenzi, hanno deciso di denunciare davanti alla magistratura la violazione della legge 185/90 sulla produzione, il commercio e il transito di armamenti verso Paesi in guerra o che violino i diritti umani. Rischia di rimanere disattesa, infatti, una legge nata grazie alla testimonianza e all’impegno della migliore società civile italiana, a cominciare da coloro che hanno rischiato il lavoro facendo obiezione di coscienza alla produzione di armi.


Per non restare davvero indifferenti e lasciare interi territori senza alternative, sappiamo bene che tutta la nostra economia è chiamata ad una conversione integrale capace di incidere sulle cause strutturali dell’inequità.

Su questo cammino, aperto a tutti come percorso di liberazione delle coscienze, vogliamo continuare ad andare avanti nel segno del vangelo di pace che abbiamo scelto di abbracciare.


                                                                   Roma 20 novembre 2016
Il Movimento dei Focolari in Italia

Mai più la guerra, riconvertiamo l’economia che uccide



Caro papa Francesco
Il percorso di quest’anno giubilare ci ha radicato nella scelta di lasciare sempre aperta a Dio la porta della nostra coscienza per essere pronta ad abbattere i muri dell’indifferenza e dell’odio. 

Sappiamo che non possiamo costruire ponti di pace senza aver rifiutato ogni compromesso con «l’economia dell’esclusione e dell’inequità».  
Non possiamo dire “A me che importa?”.
 Non possiamo restare inerti di fronte alle tue parole che ci invitano a riconoscere l’esistenza dei «sistemi economici che per sopravvivere devono fare la guerra. Allora si fabbricano e si vendono armi e così i bilanci delle economie che sacrificano l’uomo ai piedi dell’idolo del denaro ovviamente vengono sanati. E non si pensa ai bambini affamati nei campi profughi, non si pensa ai dislocamenti forzati, non si pensa alle case distrutte, non si pensa neppure a tante vite spezzate».

Di fronte al grido “mai più la guerra!” che «si leva in ogni parte della terra, in ogni popolo, in ogni cuore», restiamo sgomenti di fronte a chi giustifica l’orrore del fratricidio con le ragioni del cosiddetto realismo politico. Affermiamo invece che, non solo per i credenti, «Gesù Cristo è il più grande realista della storia» e vogliamo seguirti in questo cammino di edificazione della pace. Come ci ha insegnato Igino Giordani, «Non si fa male per avere bene. “Se vuoi la pace, prepara la pace”».  E gli operatori di pace, secondo Chiara Lubich, «non sono quelli amano la tranquillità, non sopportano le dispute per non essere disturbati» ma «coloro che amano tanto la pace da non temere di intervenire nei conflitti per procurarla a coloro che sono in discordia».
Per essere credibili sappiamo, infatti, che non servono le dichiarazioni o le buone intenzioni. Come hai detto ai movimenti popolari in Bolivia nel luglio 2015, è “l’amore fraterno” che conduce a “ribellarsi contro l’ingiustizia sociale”. Così oggi noi in Italia e nel mondo non possiamo accettare che si continuino a inviare armi verso i Paesi in guerra o che non rispettano i diritti umani. Come risposta al tuo invito, che conferma la scelta della nostra coscienza, ti dichiariamo che vogliamo contribuire a disarmare “l’economia che uccide” impegnandoci a lavorare per una riconversione integrale della produzione e della finanza. Adesso non domani.
Alcuni di noi saranno il 20 novembre in piazza San Pietro per confermarti questa scelta esponendo la scritta: “Mai più la guerra, riconvertiamo l’economia che uccide”.
Non resti inefficace la traccia del Giubileo della misericordia nel nostro cuore e nella nostra mente.
Il Movimento dei Focolari in Italia
 

Il caso Finmeccanica



Scelte di pace e industria delle armi
Un confronto sul caso Finmeccanica- Leonardo tra industria 4.0, nuova difesa europea e legge 185 90

Martedì 6 dicembre ore 16-19
Presso Iriad
 Istituto di ricerche internazionali Archivio disarmo
Roma Via Paolo Mercuri 8 (zona piazza Cavour)

Incontro promosso dal gruppo Economia Disarmata del Movimento dei Focolari Italia in collaborazione con Iriad, Istituto di ricerche internazionali Archivio Disarmo.
Dialogo aperto a partire dagli interventi di
Maurizio Simoncelli Istituto di ricerche internazionali Archivio disarmo  
Vincenzo Comito Sbilanciamoci
Lorenzo Basso Parlamentare relatore commissione Industria 4.0
Carlo Cefaloni Città Nuova - Movimento dei Focolari Italia  


Partecipano   
Nicoletta Dentico, consigliera di amministrazione Banca popolare etica
Gianni Alioti Fim Cisl internazionale
Alessandra Tibaldi - Fiom Cgil Nazionale (resp. Settore industriale Fimmeccanica)
Massimo Artini deputato AL vice presidente Commissione Difesa
Roberto Cotti senatore M5S
Stefano Fassina deputato SI
Giorgio Zanin deputato PD
Giovanni Paglia deputato SI  
Silvio Minnetti Movimento politico per l’unità
Vittorio Cogliati Dezza Legambiente
Riccardo Troisi, Reorient
Col sostegno di Rete Disarmo, Rete Pace, Sacro convento di Assisi, Made in the World (associazione di riflessione sindacale), Reorient per un’economia di giustizia, Faiwatch, Comune.info, Associazione Local Mente V Municipio Roma

sabato 3 dicembre 2016

Menzogna della guerra

Iraq, Siria, passando per la Libia inutilità e ipocrisia delle guerre


“L’intollerabile carneficina”. “Il macello siriano”. “Tutti contro tutti ad Aleppo”. I giornalisti del mondo intero hanno di che sbizzarrirsi nel cercare il titolo più ad effetto per raccontare quello che sta avvenendo ad Aleppo, una città fantasma, che però trattiene nel suo ventre più di 200 mila persone, i più poveri dei poveri, quelli che non hanno potuto andarsene, e qualcuno che non ha voluto partire perché votato al martirio, con il sogno di non far morire la città.

Kerry, segretario di Stato Usa, ingiunge alla Russia di cessare la carneficina. I russi rispondono che sono gli Usa che debbono fare un adeguato esame di coscienza. Assad bombarda a tappeto con la sua aviazione, forse con armi chimiche, usate anche da alcune delle tante fazioni ribelli che sguazzano nel torbido, arraffando l’arraffabile, ormai ben installate nel business della guerra, sequestrando qualsiasi personaggio che non abbia la pelle caffelatte, anche preti. Daesh gongola. E, soprattutto, i mercanti d’armi gongolano, mentre i mercenari arrivano come mosche attirate dalla carogna. Scriveva Elias Canetti: «Non posso più guardare una carta geografica. I nomi delle città puzzano di carne bruciata».